sabato 21 aprile 2018

La Lotteria


LA LOTTERIA




  Oramai era vicinissimo alla meta. Aveva viaggiato per tutto il giorno senza un solo istante di pausa nel disperato tentativo di raggiungere sua moglie e pensare che era tutto iniziato quella stessa mattina con il suono della sveglia. Quella maledetta sveglia. Non aveva mai sopportato l’idea di doversi svegliare all’alba, ma la crisi economica della regione Italiana lo aveva portato inevitabilmente a doversi muovere costantemente da una città all’altra per lavorare e non era facile trovare dei buoni clienti che accettassero di privarsi di una parte consistente del loro già misero stipendio per sottoscrivere una polizza assicurativa contro le catastrofi atmosferiche non derivate dall’uomo. Odiava il suo lavoro, ma di qualcosa doveva pure campare. Quando aveva iniziato, dieci anni prima, quella era l’unica opportunità disponibile nel villaggio globale del lavoro. Un lavoro che disprezzava ma che gli aveva permesso di conoscere Darren e da quel giorno la sua vita era cambiata per sempre.
  Per amore di lei aveva rinunciato alla sua libertà e aveva persino comprato una casa in cui tornare ogni sera. Così aveva iniziato ad alzarsi sempre prima. Le sette si erano fatte ben presto le sei, poi le cinque. Si alzava prima dell’alba solo per poter ritornare a casa per l’ora di cena proprio come piaceva a Darren.
  Dio se odiava quella maledetta sveglia! Ma c’era una cosa che odiava ancora di più ed era la voce calda e suadente della ragazza della Lotteria che proprio a quell’ora del mattino annunciava tutti i giorni e a tutto il Mondo i cento numeri estratti della Lotteria Planetaria.
  Osservò i grattacieli di New Manatthan attraverso i vetri della vettura che aveva rubato solo pochi minuti prima, poi guardò la pistola anti-aggressione che egli stesso aveva modificato e che stringeva ancora nella mano destra. Per un istante ripensò al corpo senza vita dello sconosciuto a cui aveva sottratto la Vettura Privata e lo associò con l’altro che aveva dovuto uccidere a Roma. Egli non era un assassino, tutt’altro, aveva sempre condannato la violenza ed era stato per quel motivo che non aveva partecipato alle sommosse del Duemilacentodieci per la liberazione dell’Italia dal controllo del Governo Planetario. Sommosse che non andarono a buon fine e che valsero alla regione il pagamento di ingenti tasse di guerra che ne distrussero per sempre l’economia. Ma quel giorno non era come tutti gli altri, ed egli non aveva potuto affrontarlo come aveva sempre fatto. Tornò con la mente al momento in cui Darren aveva udito il proprio numero di codice di riconoscimento appena estratto. Antonio non credette alle proprie orecchie, tuttavia, dopo un solo attimo di riflessione, freddò immediatamente i festeggiamenti della moglie.
  Aveva sempre ritenuto che il diritto alla vincita fosse solo una presa in giro e quella estrazione fortuita non gli avrebbe fatto cambiare idea. Insomma, che razza di legge era quella che iscriveva obbligatoriamente ogni persona al compimento della maggiore età nella lista mondiale di estrazione in cambio della decima parte delle entrate familiari medie giornaliere? In parole povere, secondo il calcolo che Antonio aveva fatto qualche anno prima, su una base di cinquanta miliardi di persone tassate, che fruttavano circa cinquemila milioni di dollari al giorno, il Governo Planetario metteva in palio cinquecento milioni di dollari al giorno per un unico vincitore. Una misera probabilità di vincita su cinquanta miliardi.
  Ma non era l’insignificante probabilità di vittoria che lo indignava di più e neanche il fatto che non ci si poteva opporre al ritiro del dieci per cento giornaliero. No, quello che lo mandava in bestia era la tassa di iscrizione per accedere all’ultima estrazione.
  Ne aveva discusso con Darren prima di uscire da casa per andare a prendere il Collegamento Pubblico Cittadino che lo avrebbe portato sino alla stazione dei Collegamenti Planetari. Aveva cercato in ogni modo di calmare l’entusiasmo e l’assurda febbre da gioco che aveva colto sua moglie, come accadeva per ogni altro essere umano estratto in ogni parte del pianeta, ed avevano concluso insieme che non si sarebbero iscritti all’ultima estrazione per il semplice motivo che non avevano i soldi per farlo.
  Le luci della città incominciavano a luccicare con l’avvicinarsi della sera. Stando al pilota automatico tra qualche metro avrebbe dovuto svoltare a destra ed immettersi sulla Arafat Avenue, per poi proseguire per un altro chilometro e mezzo. Guardò l’ora sul cruscotto. Erano la già le venti. Aveva meno di un ora per fermare sua moglie. Darren, pensò, ma che diavolo ti è saltato in mente!
  Aveva intuito che quella sarebbe stata una giornata particolare fin dal momento dell’estrazione della lotteria e come poteva essere altrimenti! Inoltre l’assenza totale di clienti sulla sua rubrica elettronica glielo aveva confermato. Così Antonio aveva deciso di tornare a casa per il pranzo, ma quando scese dal Collegamento Pubblico Cittadino proprio davanti al vialetto di casa si accorse di essere stato derubato. Sul prato sintetico dove solitamente era parcheggiata la sua Vettura Privata non c’era altro che il vuoto. Darren non guidava, ne era certo, quindi qualcuno gliela aveva rubata. In preda ad una specie di convulsione nervosa si precipitò in casa gridando il nome di sua moglie. Ma non ricevette alcuna risposta. La casa sembrava vuota. Il suo cuore sobbalzò all’istante. Dov’era Darren, che cosa le era accaduto. Divorò i gradini della scala in legno che portava al piano di sopra tre a tre e spalancò manualmente la porta della camera. Non c’era nessuno. Discese al piano terra e corse rapidamente fuori, fece il giro della casa poi tornò dentro. Non c’era traccia di Darren da nessuna parte. Si sedette sulla poltrona della sala e si portò le mani al viso. Pensò al peggio. Darren era stata rapita dalle Furie della resistenza che in questo modo si vendicavano del suo rifiuto di prendere le armi al fianco della sommossa per la liberazione dell’Italia. Avevano rapito sua moglie per punire lui. Con le mani davanti al viso pianse in silenzio.
  Stava vagando già da una mezz’ora per tutta la casa senza riuscire a pensare a niente, con la mente vuota e lo sguardo vacuo, come fosse uno zombie. L’unica cosa che era in grado di fare era quella di scrollare la testa e di chiedersi perché. Camminò avanti ed indietro per la sala semi oscura fino a quando, in un raro momento di lucidità, vide lampeggiare sullo schermo del computer la minuscola luce rossa della comunicazione. Ingoiò a vuoto. Forse era il messaggio delle Furie della resistenza. Che cosa doveva fare, si chiese. Doveva rispondere, oppure doveva avvertire le Forze Pubbliche e lasciare che fossero loro ad occuparsi della faccenda? Decise di rispondere, in fondo quei maledetti aveva rapito sua moglie, quindi era una questione personale, e come tale doveva affrontarla da solo. Si avvicinò allo schermo, e con la mano tremante lo attivò toccandolo.
  Il castello di carte che aveva costruito nella sua mente e nel quale aveva imprigionato sua moglie, crollò come investito da una folata di vento. Sospirò rinfrancato. Sullo schermo c’era il viso di Darren. Sorrideva divertita. Si sentì immediatamente sollevato, e niente gli faceva presagire la sventura che si sarebbe abbattuta su di lui.
  La Arafat Avenue era costeggiata dai grattacieli, i più moderni di New Manatthan. Erano delle costruzione immense, molte delle quali avevano la forma di gigantesche piramidi. Erano alte fino a cinquecento metri e all’interno di ognuna di esse risiedevano fino a tremila persone. In quel momento stava attraversando la parte più nuova della Capitale Planetaria dove erano stipate centinaia di migliaia di persone in un apparente agio.
  Mentre osservava sullo schermo del computer della Vettura Privata la planimetria del quartiere ripensò al viso di Darren che attraverso la video lettera gli spiegava le sue intenzioni. Aveva preso lei la sua Vettura Privata, ma non lo aveva fatto per andare da qualche parte, anche se così facendo avrebbe ridotto il loro credito annuo dei chilometri, no, Darren l’aveva presa per venderla all’asta e procurarsi in questo modo i soldi necessari per l’iscrizione alla seconda estrazione della Lotteria. Udendo quelle parole Antonio crollò sul divano. Come aveva potuta fargli una cosa simile? Come aveva potuto vendere la loro Vettura Privata? Ma soprattutto come aveva potuto farlo dopo che avevano deciso insieme di non partecipare all’estrazione finale? Quel pensiero lo assillò ottenebrando completamente la sua mente, ma quando tornò in se Antonio comprese che doveva per forza esserci dell’altro. Anche vendendo la loro Vettura Privata Darren avrebbe potuto racimolare si e no i ventimila dollari per comprare il biglietto di andata e ritorno per New Manatthan non certo i duecentomila necessari per l’iscrizione finale. Cercò di rilassarsi e di pensare a tutte le alternative possibili, finché la sua mente fu sfiorata dalla peggiore delle conclusioni. C’era una sola cosa che poteva valere una simile cifra. La loro casa. Darren aveva venduto la loro casa! Accese il computer e si collegò alla Extra-Bank. Chiese immediatamente di poter parlare con il proprio promotore finanziario. Pochi secondi dopo Roberto apparve nello schermo, Darren aveva ipotecato la casa. Adesso avevano venti giorni per saldare il debito altrimenti avrebbero perso ogni cosa.
  Sospirò rumorosamente poi la visione di lui e di Darren in un letto di una casa di accoglienza per indigenti gli passò fulminea davanti agli occhi e lo colpì nell’animo spaventandolo a morte.
  No, non poteva permettere che questo accadesse, doveva fermare sua moglie prima che versasse la cifra di iscrizione alla Lotteria. Doveva farla ragionare, doveva farle capire che c’erano cose più importanti di una maledetta sfida alla fortuna. Il loro futuro, ad esempio. Raccolse i pochi dollari che erano rimasti in casa e che sua moglie aveva tralasciato di prendere, quindi tornò di nuovo alla fermata del Collegamento Pubblico Cittadino. Doveva arrivare a Roma, poi, da lì in avanti avrebbe improvvisato. In un modo o nell’altro sarebbe arrivato a New Manatthan.
  Dopo un’ultima svolta a sinistra, la Vettura Privata rallentò automaticamente. Sulla Gorbaciov Evenue il traffico si muoveva a rilento e solo nelle sette corsie che andavano a sud verso il Palazzo delle Premiazioni. Maledizione, imprecò colpendo violentemente il cruscotto con il pugno serrato, questa non ci voleva, la mania collettiva della Lotteria che si ripeteva ogni giorno aveva intasato prima la sua vita, ed ora anche la strada. Guardò verso il fondo della coda che si allungava a perdita d’occhio fino a cogliere le sfumature scure ed ombreggianti del Palazzo delle Premiazioni che sembrava emergere dalla nebbia provando ad immaginare quante delle persone in coda provenivano dalle colonie Lunari e quante da quelle artificiali. Strinse gli occhi per vedere meglio oltre la nebbia mortale di New Manatthan. Era bloccato ancora una volta, come gli era capito già all’Interporto di Roma.
  Proprio come poche ora prima era costretto ad attendere la sua buona occasione. Fortunatamente all’Interporto di Roma l’aveva avuta quasi subito. Era arrivato da circa mezz’ora quando con la coda dell’occhio aveva visto un diplomatico che indossava la caratteristica tunica verde uscire dai voli internazionali. Non ci pensò due volte, lo seguì fino all’entrata del parcheggio consolare e prima che questi potesse inserire la scheda di riconoscimento nel pilone di identificazione, lo afferrò per il collo e lo trascinò via. Gli tappò la bocca con una mano destra mentre con l’altra gli storse il braccio libero dietro la schiena. Aveva atteso la pausa del mezzo pomeriggio così da poter agire in perfetta solitudine. Una volta dietro il muro di cinta del parcheggio Antonio aveva estratto la pistola anti-aggressione che aveva modificato scambiando i flussi interni di energia, un giochetto che sapevano fare anche i bambini, quindi aveva esploso una rapida scarica elettrica contro la schiena del diplomatico che cadde stecchito in solo istante. Guardando quel corpo senza vita Antonio chiuse gli occhi per un momento. Ma che cosa stava facendo, si domandò. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Lo stomaco gli si contrasse in uno spasmo doloroso e prolungato, ma ricacciò indietro il dolore. Lo aveva fatto perché in gioco c’era la sua vita, il suo futuro. In quel momento gli era sembrata una giustificazione più che sufficiente. Frugò dentro le tasche dell’ampia tunica verde, ma non trovò un solo dollaro. Si portò le mani al viso. Possibile che gli fosse capitato l’unico diplomatico squattrinato dell’intero pianeta? Un secondo dopo spostò lo sguardo sulla valigetta che l’uomo reggeva ancora con la mano destra. L’afferrò. Era una valigetta ad apertura digitale. Niente di più facile, pensò, afferrando il pollice del diplomatico e pigiandolo con forza contro il sensore la valigetta si aprì. Dentro c’erano decine di documenti, sigilli magnetici diplomatici e finalmente anche una mazzetta di dollari. Non erano molti, poco più di venticinque mila dollari, ma erano più che sufficienti per arrivare fino a New Manatthan e per tornare in Italia.
  Scacciò via quel ricordo doloroso dalla mente, non poteva attendere oltre, il termine ultimo dell’iscrizione stava per scadere e se voleva avere ancora un’opportunità di fermare sua moglie doveva agire in fretta. Calcolò rapidamente la distanza che lo separava dal Palazzo della Premiazioni. Era certo che non fossero più di due chilometri. Poi calcolò anche che, correndo di buon passo, avrebbe impiegato almeno otto minuti per giungere a destinazione. Un tempo che si avvicinava in maniera pericolosa ai nove minuti di esposizione allo smog consigliati dalle autorità sanitarie, dopo i quali si potevano verificare dei danni cerebrali irreversibili. Comunque non aveva scelta, doveva rischiare. D'altronde, anche rimanendo al sicuro nella Vettura Privata, il rischio che avrebbe corso era lo stesso. In ogni caso in ballo c’era la sua vita. Fece scattare il meccanismo di apertura dello sportello anteriore abbassando il tasto con il pollice, poi, tra l’incredulità generale dei suoi vicini di coda, scese dalla vettura ed iniziò a correre in direzione del Palazzo delle Premiazioni.
  Avanzò sicuro tra i fumi dello smog, rapido e deciso, consapevole che non aveva tempo da perdere. Percorse agevolmente i primi settecento metri, ma poi l’esposizione prolungata ai gas letali della città cominciò a rallentare il suo incedere, anche i suoi pensieri sembravano rallentati. Man mano che il tempo passava i rumori della città e i sibili continui dei propulsori delle vetture si affievolivano, mentre la nebbia scura aumentava di intensità. Per un attimo il Palazzo delle Premiazioni scomparve da davanti ai suoi occhi mentre lo stomaco iniziava a contorcersi dolorosamente. Ma poi, per fortuna, la pesante struttura metallica riapparire come per magia. Comprese che quella era la prima avvisaglia degli effetti dell’avvelenamento da smog, ma doveva continuare ad andare avanti. Cercò nuove forze dentro di se quindi riprese a correre.
  Continuò per altri cinquecento metri e per un altro minuto. Improvvisamente un sussulto ardente gli fracassò il petto dall’interno. Alzò gli occhi verso il cielo oramai grigio della sera e stramazzò a terra con un ghigno beffardo stampato in viso. Sentì l’asfalto freddo della strada rinfrescargli la guancia, era ancora vivo. Tentò di muovere le braccia, ma non ci riuscì. Che ironia, pensò ancora, si stava comportando proprio come l’uomo che aveva aggredito all’Interporto di New Manatthan, aveva gli stessi occhi impauriti nel momento in cui aveva compreso che sarebbe morto, appena un attimo prima che la pistola anti-aggressione facesse fuoco. Aveva continuato a guardare quel corpo esanime anche quando era salito sulla Vettura Privata dell’uomo che aveva appena ucciso con un unico pensiero in mente: che cosa si provava un attimo prima della morte? Che tipo di emozioni si scatenavano in quell’istante? A chi andava l’ultimo pensiero?
  Antonio non aveva dubbi, il suo ultimo ricordo era per Darren, poi tutto si spense.
  Riaprì gli occhi sferzato dalle violente folate d’aria provocate delle vetture che sfrecciavano pochi centimetri sopra la pavimentazione stradale. L’ingorgo era scomparso. Con uno sforzo sovrumano si mise in ginocchio nel mezzo della carreggiata e osservò ancora una volta la struttura fredda e silenziosa del Palazzo delle Premiazioni. Le vetture proseguivano la loro corsa non curanti della sagoma scura ricurva a terra. Nessuno faceva caso a lui, in fin dei conti il suicido per inalazione dei gas venefici dello smog era una pratica piuttosto diffusa tra i barboni o i senza tetto della città. Ma Antonio non era certo lì per morire. Guardò il cronografo da polso: segnava le venti e quarantasette. Maledizione, pensò, non avrebbe mai fatto in tempo a fermare sua moglie, ma doveva tentare lo stesso. Si alzò in piedi e con ritrovate forze corse in avanti verso la sua meta. Si, poteva ancora farcela, in più di un’occasione il termine per l’iscrizione all’estrazione finale della Lotteria era stata ritardata, quindi con un po’ di fortuna, poteva ancora fermarla.
  Divorò i metri uno dietro l’altro con la forza delle disperazione. Guardò ancora l’ora: le ventuno e zero cinque. Oltrepassò il cancello di ferro lavorato a mano in un baleno ed altrettanto velocemente raggiunse la scalinata esterna. Salì i gradini tre a tre e finalmente entrò nel grande atrio circolare. Non si fermò ad osservare gli splenditi stucchi e le finissime lavorazioni artigiane dei lampadari e delle suppellettili come facevano tutti quelli che accedevano nel Palazzo delle Premiazioni per la prima volta, al contrario si gettò come una furia sulla scalinata centrale fino a giungere all’ingresso dell’anfiteatro coperto dove aveva luogo l’estrazione vera e propria. Una serie di fitte allo stomaco rallentarono la sua corsa, tuttavia proseguì appoggiandosi al corrimano di legno delle scale.
  Un dolore intenso e continuo gli squarciava le viscere fino quasi a stordirlo anche quando con la mano scostò la pesante tenda rossa che gli impediva di entrare nell’anfiteatro. Ma a quel punto niente poteva fermarlo.
  Finalmente era in piedi in cima alle scale che univano le decine di gradoni che scendevano dolcemente verso il basso. Respirava a fatica mentre le orecchie gli fischiavano, ma fu comunque in grado di udire le parole dello speaker che pronunciava il nome del vincitore.
“Il nome del vincitore è…..Fagiani Darren!” Immediatamente dopo la proclamazione ci fu un tripudio generale con urla ed applausi scroscianti, poi, quando la confusione si attutì, Antonio riuscì a metabolizzare quello che aveva appena udito, e cioè che era stata sua moglie a vincere i cinquecento milioni di dollari. La cercò con lo sguardo. Finalmente la vide, era in piedi più o meno a metà dell’anfiteatro e sventolava con gioia il tagliando vincente che stringeva in mano. Cercò di chiamarla, ma non ci riuscì, allora cercò di sbracciarsi per attirare la sua attenzione. Finalmente la donna lo vide.
  Darren giunse appena in tempo per sostenerlo mentre perdeva i sensi. Con dolcezza gli sfiorò il viso e si accorse immediatamente della patina lucida che ricopriva il suo viso.
“Non ti preoccupare Amore.” Gli sussurrò con dolcezza “Abbiamo tutti i soldi che ci servono per una completa disintossicazione.” Antonio annuì. Ma la loro felicità durò il tempo di uno sguardo. Due Gendarmi in divisa di gala in cima alle scale gli formalizzarono le accuse: Duplice omicidio e furto continuato e aggravato.
  Senza scomporsi Darren gli si avvicinò all’orecchio “Non temere, abbiamo abbastanza soldi anche per comprare il processo, e per vivere felici lontani da questa landa desolata.”
  Uscirono dal palazzo insieme ai due Gendarmi, entrambi consapevoli che la loro vita non sarebbe stata più quella di prima.

sabato 14 aprile 2018

Aforismi, formiche e altri insetti (prima parte)


AFORISMI, FORMICHE E ALTRI INSETTI






                            
Volevo sapere anche io cosa significasse il mio nome, ma il sistema non lo riconosce. lo sapevo, dovevo chiamarmi Ugo.

2   Vuoi sapere qual'è la colonna sonora del nostro amore?
E’ il battito del tuo cuore!

Eppur mi son scordato di te,
Come ho fatto non so. Semplice, e' che sei uno stronzo!

4   Le donne si innamorano spesso del cattivo ragazzo, quello che non le considera, che le lascia in un angolo, che mette se stesso e i suoi interessi prima di tutto, quello che a volte le picchia, ma si innamorano spesso anche del bravo ragazzo, del buon padre di famiglia, educato, gentile premuroso affettuoso. Insomma è un pò come innamorarsi di un leone o di un agnello.... e io in tutto questo sono orsacchiotto!

5   Vorrei trovare una donna carina, intelligente, spiritosa, comprensiva, affettuosa, autonoma, intraprendente, sensuale, alla mano, elegante, sportiva, che ami uscire, che voglia passare il tempo accoccolata sul divano, che faccia sport, che ami lo sport in TV, che ami il mare, che sia di compagnia, che ami i gatti, a cui piaccia fare sesso, che ami le serie TV e i film in lingua originale, che ami viaggiare verso mete tropicali, che si addormenti sul letto leggendo un libro.
Non l'ho ancora trovata, eppure non mi sembra di chiedere troppo!

Quando un uomo col cervello incontra una donna con le tette, l'uomo col cervello e' un uomo morto.

Questa sera voglio essere finalmente onesto con Facebook e rispondere alla domanda che ci pone in continuazione. Vuoi sapere a cosa sto pensando? Sto pensando a questo: Capitan Harlock! zum zum! Capitan Harlock!

8   Riuscire a mettere via il Piumone del letto da solo in quattro mosse non ha prezzo....

9   Leggo ogni giorno dei post con delle citazioni celebri, spesso alte e profonde, frasi cariche di sentimento e a volte di rimpianto, allora ho deciso di metterne una anche io....
ApellefigliodiApollofecelepalledipelledipollo, tuttiipescivenneroagalla, pervederelepalledipelledipollo, fatted'ApellefigliodiApollo.

10   Ho appena scoperto che per colpa delle maree il giorno si allunga di 77 millesecondi all'anno. Accidenti, di questo passo non andrò mai in pensione!

11  Qualche anno fa Stefano Zarfati cantava in una sua canzone che l'amore non ha tempo, il concetto mi piace, ma in che modo? L'amore non ha tempo perché anche a distanza di anni ci si può innamorare di una persona che si conosce o non ha tempo perché ci si innamora in un solo istante, il primo?

12  Non sono le domande che sono troppe, sono le risposte che scarseggiano!

13   Pensate davvero che Dio è un essere superiore e infallibile? Stronzate! Se è un essere superiore e infallibile allora perché ha creato la donna?

14  Ho capito che le persone tendono sempre ad ingigantire le cose, lo fanno tutti. La gente comune ma anche giornalisti e scrittori. Infatti testimoni oculari hanno affermato che il Marlin ne Il vecchio e il mare, era molto piu' piccolo di quanto l'autore vuole farci credere.......

15   Chissà perché ci dimentichiamo di alcune persone appena voltiamo le spalle e di altre ricordiamo ancora il momento in cui le abbiamo incontrate anche a distanza di anni.

16   Lo scandalo di Roma..., le tangenti, i politici corrotti, la mafia, la camorra..., ma in fondo com'è quel detto?
Malcostume mezzo gaudio....

17   Dio è in ogni cosa, Dio è l'essenza stessa della natura. Ma la natura è chimica, è fisica, è matematica, quindi Dio è un Professore. Cavolo, speriamo che non mi interroghi!

18  Ogni volta che accade un fatto come quello di Barcellona io mi chiedo perchè. Perchè si fa un atto del genere? Qual'è lo scopo? Ci deve essere uno scopo, non si fa nulla per nulla. Allora a cosa serve tutto ciò? A chi serve tutto ciò? Non certo per conquistare il paradiso circondato da vergini, quello serve solo per abbindolare degli idioti squilibrati.
Vogliono stermimarci? In questo modo non ci riusciranno di certo.
Vogliono farci vivere nel terrore? In Spagnia, in Italia, in Inghilterra si è vissuto nel terrore delle bombe e degli attentati per decenni. Siamo immuni al terrore. Allora perchè?
Io mi sono fatto una idea. Il sedicente stato Islamico si annida come un cancro all'interno del Islam moderato. Sta li che cerca di crescre di legittimarsi. Cresce dove c'è povertà e miseria perchè è facile dire che quella povertà è colpa degli infedeli, è sicuramente più facile che trovare delle soluzioni.
Ma non riesce a legittimarsi, non potrà mai legittimarsi, perchè non quello l'Islam.
Però un modo ci sarebbe. Attacchi il tuo nemico, lo pungoli in continuazione quando meno se lo aspetta, tiri la corda, una, due, tre volte finchè non si spezza, allora il tuo nemico sia abbatterà su di te con furia e non guarderà dove colpirà. Villaggi, donne, bambini. Tutti ne subiranno le consegueze e in quello scenario di disperazione allora lo stato Islamico potrà finalmente dire che aveva ragione, che "Satana" è l'occidente e che l'unico modo per sconfiggerlo è piegarsi alla loro distrorta legge divina.
A quel punto il cancro crescerà e divorerà ogni cosa.
Putroppo per gli sceicchi del terrore la corda è robusta, non si spezzerà tanto facilmente.
Possono fare quello che vogliono. Non saremo noi a legittimare lo stato del terrore.

19   Chissà che faccia avranno fatto Adamo ed Eva quando, dopo essere stati cacciati dal Giardino dell'Eden, sono arrivati sulla Terra e hanno trovato tutta quella gente.

20   Una volta in Italia c'erano gli statisti. Quelli che hanno scritto la nostra costituzione, che hanno fatto la nostra Nazione. Ora abbiamo Salvini che indossa le felpe con il nome delle città così sa sempre dove si trova.

21  Tutte queste giovani e belle ragazze che sono in vacanza da due mesi, in Italia e all'estero. Postano foto di tramonti, di discoteche e di cocktail. Non so, magari hanno vinto alla lotteria, oppure hanno sposato un milionario o forse fanno le escort. Si escort, perchè se dici che fanno le puttane poi si offendono.

22  Da giovane ho visto mutande da donna così poco sexy che i ragazzi di oggi non possono nemmeno immaginare.

23  Io mi chiedo: ma in Italia riusciremo mai a votare qualcuno in vece di qualcosa?

24  Dopo il raid di Macerata effettuato da un giovane di estrema destra Salvini ha detto che è tutta colpa dell'Italia che fa entra era troppi stranieri. E io che pensavo che Bossi fosse l'idiota della Lega.

25  La più grande sconfitta dell'umanità è stata quella di confondere Dio con le religioni.

26   La violenza prospera sempre nella povertà. Non diamo la colpa della violenza nel nostro Paese agli immigrati, la colpa è di chi ci governa.

27  Donald Trump ha minacciato di attaccare la Siria.
Già, agli Stati Uniti non piacciono i dittatori che governano col pugno di ferro, a meno che non ce l'abbiano messi loro lì a governare.

28  Adoro Facebook. È la più bella invenzione degli ultimi vent'anni. Su Facebook puoi interagire con le persone senza doverci per forza parlare, guardare o toccare. Su Facebook insomma anche se odi il Mondo puoi sembrare una persona normale.

venerdì 6 aprile 2018

Vittoria


VITTORIA



  L’IL 452 era a soli cinquecento metri da terra. Il motore a fissione sinistro era in fiamme, il che rendeva l’ascesa molto lenta. I sistemi di armamento erano fuori uso, quello di sostentamento vitale interno al minimo. L’elegante struttura a forma di boomerang era ridotta quasi in pezzi. Lo scafo esterno era devastato da falle che i campi energetici di contenimento riuscivano a tappare a stento. Il portellone posteriore che era destinato allo sganciamento delle bombe ad energia compressa XU1 era stato divelto dalle prime bordate dei ribelli Terrestri. Sul minuscolo ponte di comando il Goral di primo grado Mametest aveva lo sguardo fisso di fronte a se. Piegato in due sulla consolle di navigazione giaceva il corpo senza vita del timoniere che una scarica di energia a fissione aveva letteralmente bruciato vivo. Seduto nella poltrona di comando Mametest continuava a pensare a come tutto ciò era potuto accadere. L’attacco alla base principale delle forze ribelli, il cuore della resistenza, era stato programmato da tempo fin nei minimi particolari. Un possibile fallimento era fuori discussione. Le forze ribelli erano deboli, male armate e divise in fazioni che da tempo non riuscivano a trovare un accordo per una controffensiva efficacie. Erano state proprio queste profonde suddivisioni a favorire il popolo di Vega fin dal giorno dello sbarco sulla Terra avvenuto dieci anni prima. Da quel momento i Veghiani avevano piegato ogni segno di resistenza, per altro debole, con una forza ed una violenza inaudita. Esecuzioni di massa si erano susseguite una dopo l’altra non prima però di avere celebrato processi sommari a carico di tutti i ribelli e di chi li appoggiava.
  Solo negli ultimi mesi le fazioni ribelli erano riuscite a trovare un accordo grazie alle spiccate doti diplomatiche del nuovo capo carismatico dei ribelli: il generale Cesare. Per questo motivo il comando centrale Veghiano aveva predisposto un massiccio e risolutivo attacco. Settecento potentissimi veicoli IL 452 per la copertura aerea. Trecento incursori da terra NU 323 per lo sbarco truppe. Settemila uomini dei reparti d’assalto. Una forza così devastante non poteva soccombere di fronte alla resistenza dei ribelli che Mametest, così come il comando centrale Veghiano, sapeva essere inconsistente nel numero di uomini e dotata di armi approssimative.
  Come da programma l’attacco era cominciato alle cinque del mattino. I primi ad entrare in azione erano stati gli IL 452 che avevano completamente raso al suolo il quartier generale dei ribelli con scariche di laser e bombe ad energia compressa. Poi toccò agli incursori da sbarco seguiti pochi minuti dopo dai reparti d’assalto. Fu proprio in quel momento che accadde l’imprevisto. All’improvviso le forze ribelli contrattaccarono.
  Da sotto le macerie si aprirono i portelloni dei cannoni laser antiaerei che fecero immediatamente fuoco contro gli IL 452 cogliendoli di sorpresa mentre dalle strade all’ombra dei grattacieli diroccati del quartiere ovest uscirono allo scoperto le forze Terrestri che fino a quel momento si erano nascoste tra le macerie dei palazzi. Lo scontro fu rapido e devastante. La prima linea, armata di missili a spalla, spazzarono via duecentocinquanta incursori da sbarco truppe in pochi secondi con un solo rapido attacco, quindi la seconda linea delle forze Terrestri abbatté oltre cinquemila Veghiani che caddero sotto i colpi dei fucili laser dei ribelli che li avevano accerchiati. Le poche truppe Veghiane rimaste sul campo furono costrette a ritirarsi aiutate dalla copertura degli incursori aerei. Ma fu a quel punto che i ribelli sferrarono il colpo di grazia. Dalle rovine del quartiere est si fecero largo una dozzina di cannoni XS1 trainati da antichi camion a benzina recuperati dall’enorme discarica cittadina e rimessi pazientemente in funzione da vecchi meccanici oramai ultracentenari. I cannoni iniziarono immediatamente a fare fuoco contro gli IL 452 che colti di sorpresa non ebbero il tempo di effettuare le manovre evasive per sfuggire all’attacco. Il cannoneggiamento era incessante e gli incursori iniziarono a cadere come mosche. Quello che doveva essere l’attacco risolutivo contro i ribelli Terrestri per i Veghiani si era trasformato in una disfatta totale che neanche la peggiore delle simulazioni di guerra aveva potuto preventivare. Ma come avevano fatto i ribelli Terrestri ad organizzarsi in quel modo? E dove avevano preso le armi? Ma soprattutto, chi li aveva avvertiti della loro offensiva?
  Mametest continuava a porsi domande senza risposta. Poi, d’un tratto, tutto quanto intorno a lui si dissolse rapidamente. L’IL 452 dalle insegne rosse e blu, la nave ammiraglia della flotta, esplose proiettando a terra una cascata di frammenti incandescenti mentre pochi metri più sotto i ribelli alzavano i fucili in aria e gridavano di gioia di fronte al nemico in fuga inneggiando al generale Cesare aveva restituito loro la speranza e la forza per combattere il nemico.
  Lo schermo si spense. La simulazione era terminata e nella stanza fino a quel momento totalmente buia tornò la luce. Dalla porta nella parete sinistra la figura alta e snella del Goral di primo grado Mametest entrò nella stanza. Al centro, sdraiato su di un tavolo metallico, un uomo completamente nudo sembrava essere sottoposto ad una specie di esperimento. Aveva la testa rasata costellata da elettrodi inseriti all’interno della scatola cranica collegati, tramite dei sottilissimi filamenti luccicanti, ad una grande struttura sospesa sopra il tavolo stesso. Una serie di costrizioni metalliche gli bloccavano i polsi, le caviglie e il torace. Le palpebre degli occhi erano tenute costantemente aperte da un sistema di piccole forcelle flessibili. A pochi centimetri dalle orbite un minuscolo schermo virtuale aveva proiettato lo scorrere della battaglia così come il generale Cesare era certo si sarebbe svolta. Anche Mametest, insieme a tutti gli altri membri del Consiglio Generale di Guerra radunati all’interno della sala adiacente, aveva visto tutto quanto proiettato sul grande schermo appeso alla parete e che egli, contro la sua volontà, aveva rivelato. L’alieno si avvicinò al tavolo a si piegò sopra l’umano. Al lato degli occhi spalancati scendevano delle lacrime.
“Perché piange generale Cesare” Chiese ironico “Non dovrebbe. Lei ha appena reso un grande servizio la popolo di Vega. Adesso che conosciamo il piano delle truppe ribelli e le loro vere potenzialità, riusciremo a spazzarli via con un solo rapido colpo. E tutto questo grazie al lei generale.” Mametest si voltò e uscì dalla stanza ridendo a gran voce.

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